"SENTIRSI"


Incipit di Giusi Marchetta parte originale di Marco Signorelli [sottotitolo "La Distrazione"]

 

“La sua camicia è una macchia bianca sul letto. Lei la ignora: infila nel cassetto la biancheria pulita, mette la borsa nuova sul ripiano più alto dell’armadio, apre la finestra e cambia aria alla stanza. Va a sedersi davanti allo specchio.
È bella, oggi; sembra quasi che il trucco di ieri sera le sia rimasto addosso. Ora può girarsi, raggiungere il letto.
Prima sfiora il colletto e accarezza le maniche, poi se la preme sul naso, sulla bocca. Sorride: che stupida.
Va all’armadio e cerca una stampella libera. Si sforza di non guardare il telefono anche se è lì, sul comodino.”

 

Il foglio viene estratto dalla macchina da scrivere, uno strrriiippp che spesso è piacevole, tranne quando è inaspettato.

- Così è questo l’inqualchecosa di cui mi parlavi ieri? – Il suo sguardo è fisso sul foglio, ne ha seguito la traiettoria ed ora fissa le dita che lo stringono. Sbatte gli occhi per focalizzare meglio la figura che gli è arrivata alle spalle.

- Incipit. Si, è quello; se poi me lo ridai, posso riprendere a scrivere!- Ora la vede bene, deve decidersi a cambiare occhiali, oppure a pulirli; entrambe scelte che implicano un’azione premeditata a lungo termine. Fa un sospiro ben sapendo che dovrà attendere qualche minuto prima che lei si disinteressi del foglio autonomamente.

- La sua camicia è una macchia bianca sul letto? – la sua voce è sensuale, questo glielo concede; una voce che si adatta al resto del corpo. – Vuol dire che le lenzuola sono sporche oppure hanno una tinta scura? – Aggrotta la fronte e continua a leggere. – Non ha molto senso; se la camicia è sul letto sarà perché vuole indossarla. – Poi sembra analizzare il problema. – Oppure sta cercando qualche cosa di adatto. No, vuole farsi vedere dai vicini, visto che va in mutandine alla finestra. -

- Hem…la camicia è di un lui, si presume che abbiano passato la notte insieme. Oppure no… dipende.-

Lei sembra perplessa, e fa quel broncietto da offesa - Ma che cosa devi scrivere?- Ecco che ora lo guarda, uno sguardo che lo fa sentire il fulcro di un universo. Un piccolo brivido gli percorre la schiena. Si è innamorato di quegli occhi, e non se lo scorderebbe mai, ed il suo corpo non glielo permetterà di certo.

- una sfida… il direttore ha dato a tutti quest… - e lei lo interrompe.

- Come i temi a scuola? – Poi gli riconsegna il foglio e, nel farlo, gli accarezza la mano. – Non ti riescono bene i personaggi femminili, sono sempre delle proiezioni del tuo immaginario femminile, e non vere donne. – Si piega appena e gli da un bacio sulle labbra. – In fondo sei un uomo… Per fortuna. – Lentamente scivola fuori dallo studio.

Utilizza cinque minuti per risistemare il foglio nella macchina da scrivere; cinque minuti necessari per togliersi dagli occhi l’aurea di lei e liberare la mente dalle distrazioni che, inevitabilmente, associa a lei.

 

“La mattinata è scivolata lenta. La mente permanentemente focalizzata sulla presenza del telefono sul comodino, mentre il corpo cammina, respira, lavora senza nessun particolare controllo da parte sua. La nuova rivista sfogliata, ma non letta; la televisione guardata, ma non vista. Solo il telefono è presente in tutto l’appartamento. Solo il telefono è!”

 

E di nuovo la sua presenza alle spalle – Mhmm…. Stai cercando di creare uno stato di attesa? Come se tutte le donne aspettano al telefono il principe azzurro? Ammesso che esistessero i telefoni quando c’erano i principi azzurri.-

- Ma sei….! –

- Ti piace? Penso che un intimo così delicato sia da mostrare; altrimenti perché comprarlo? – Fece qualche passo verso il centro dello studio. Lui sapeva che stava sfilando; sfilando per lui.  

- Se mi balli davanti mezza nuda non riuscirò a finire la storia! – Il proposito è onorevole, ma non smette di guardarla, e lei lo sa bene, lo sente anche se è girata. Continua a muoversi ondeggiando.

-Va bene, va bene. Ti lascio lavorare – No, non si volta, e mentre esce, sembra un gatto placido che controlla il proprio territorio. Lui non può vederne il volto, ma ci scommetterebbe l’anima che, ora, proprio mentre sta per varcare la soglia della porta dello studio, lei sta sorridendo.

 

“Non uno squillo in tutta la mattinata. Sul tavolo della cucina, davanti a lei, un piatto di pasta oramai scotta e fredda; una massa unita di lunghi fili appiccicosi. Solo la forchetta con i rebbi appena sporchi di sugo mostra un tentativo di nutrimento. Ancora nessuno squillo ed il pomeriggio è oramai scivolato verso il tramonto. “

 

-Così va meglio? – Chiede lei apparendogli di fianco. Il corpo nudo, coperto da un negligé impalpabile.

Il suo sguardo si focalizza sull’ombelico prima di permettere alla gola di far uscire delle flebili parole. – Di..dipende da cosa… quale occasione. –

- Sei tu che mi hai detto che non riuscivi a concentrarti con me mezza biotta. – Il suo bel sorriso sembra aver aperto una finestra nello studio.

- Difficile che utilizzi il termine biotta, ma il concetto è che devo finire per domani. Avrei bisogno di più tranquillità…. Se riesci a stare ferma per cinque minuti. – L’ultima frase è detta quasi sussurrando, con un tono poco convinto e poco convincente. Ora lei ruotava per lo studio, il negligé, che svolazzava impalpabile, lo accarezzava sul viso di tanto in tanto. - Oh, al diavolo! –  Alzarsi e prenderla tra le braccia è quasi un gesto solo, automatico, fluido, istintivo. La solleva per poterla sentire ancora una volta solo sua. Ora sente il suo calore attraversargli gli abiti, la pelle fino a scaldargli l’intero spirito. Anche lei lo sente, lui lo sa, sa che anche lei lo sa. Oh, perché è così difficile ricordarselo quando bisogna descriverlo!

-Ma come? Non devi finire il racconto. – Gli sussurra nell’orecchio tra un morsetto e l’altro. Le sue parole sono dolci come il miele, invitanti come il cioccolato, piene di promesse e di emozioni.

- È finito! – Riesce a dire mentre risponde alle effusioni.

 

“Un trillo. Corre verso il telefono e si trova la cornetta in mano prima ancora di essersi fermata. Il trillo continua insistente per altre due volte. Solo ora si accorge del silenzio dall’altra parte del filo e del bussare lieve alla porta d’ingresso. Riappende la cornetta e, sforzandosi di muoversi, si avvicina guardinga a quella barriera; sotto le sue dita la serratura scatta con un secco clic, subito seguito da un lieve spiraglio tra il battente e la porta. Lo spiraglio diventa una apertura verso il mondo; lui è li, in piedi, con un bel sorriso e lo sguardo pieno di promesse. In mano tiene  un foglio di carta giallastra, una specie di tagliando, in evidenza il simbolo della società dei telefoni, sotto, scritto in stampatello l’avviso di interruzione momentanea del servizio della S.I.P. Non lo legge, l’avviso sta già svolazzando verso la tromba delle scale non più tenuto da una mano impegnata ad accarezzarle la schiena.”