UN’UNICA SEMPLICE COSA

Incipit di Giusi Marchetta

 

“Credo nelle persone buone e nelle cose che so fare.

E credo che tu sia la più buona che conosco e più brava di me a fare praticamente tutto.

Per questo ho fatto tutto quello che ho fatto e mi sono precipitato qui.

Perché penso, anzi, perché sono sicuro, che dovremmo farlo.

Sono sicuro che dovresti infilarti questo anello e dire sì davanti al primo prete che incontriamo o al sindaco, perché so dove abita e non sarebbe un problema.

Solo sì.

Sono sicuro che dovresti fare quest’unica, semplice cosa.

Perché ne ho bisogno, perché ti amo.

E perché sapresti farla benissimo.”

 

All’ultimo momento

Parte originale di Marco Signorelli

 

“Tralasciando il fatto che l’anello si deve mettere dopo il sì.

Tralasciando il fatto che hai fatto tutto quello che hai fatto e che sei ancora sudato per esserti precipitato qui e sarebbe stato meglio se ti fossi fatto anche una doccia.

Tralasciando il fatto che il sindaco è impegnato alla inaugurazione del centro commerciale ed il prete è con lui per benedirlo; benedire il centro commerciale non il sindaco.

Tralasciando il fatto che sono la più buona e soprattutto più brava di te a fare praticamente tutto e che non è che occorra una particolare abilità a stare in piedi in silenzio per una mezzoretta.

Tralasciando il fatto sto bene come sto e che Io… Non… Ti… Amo.

Perché dovrei fare questa cosa?”

 

L’etichetta vorrebbe, miei quindici lettori, che ora si introducessero i personaggi di questa storia. Lei la chiameremo Elicia, una bellissima donna, forte di carattere e lesta di mente. Lui risponderà al nome di Johan, un piacente avventuriero adepto alla ricerca del piacere personale e degli altrui averi.

Elicia era in piedi, inguainata nel comodo abito da lavoro. Le scarpe basse non  riuscivano a togliere nulla alla lunghezza delle gambe, ed il giubbetto da aviatore hold stile cercava inutilmente di nascondere il tenue rilievo del seno. Punto su cui Johan teneva focalizzato lo sguardo.

“Hei. Gli occhi sono almeno a trenta centimetri da li.

Dammi un motivo valido che non sia il doverti rendere un uomo onesto. Il vero motivo di questo tuo spargere gocce di sudore sul Mio pavimento appena lucidato”

Johan decise di guardare la punta del naso di Elicia, un buon compromesso per evitare di fissarla direttamente negli occhi pur dandone l’illusione. Il primo diniego lo aveva messo in preventivo, ora bisognava trovare il giusto approccio per attivare il piano Bi. In realtà il piano Bi era stato creato come piano A, ma siccome il piano A sarebbe stato scartato a priori, aveva deciso di utilizzare il piano migliore come risorsa di riserva. Decise di affrontare la situazione iniziando con un sorriso, seguito da un approccio avvolgente con uno spruzzo di sincerità.

“Mia dolce Elicia. A te non si può nascondere nulla, ed è proprio per questo che l’ho chiesto a te e non a Moniche oppure a Valessia” una piccola risatina scenografica per sottolineare l’assurdità della sola idea di prendere in considerazione altre insignificanti rappresentanti femminili, non ritenne necessario specificare che tutte le interpellate si erano messe a ridere senza degnarlo di una risposta affermativa. “per non parlare di Amanda”

“Non parliamone proprio” interruppe Elicia “Ora ho molta fretta. Devo lavarmi i capelli prima di partire per una missione della NASA.” Elicia decise che era il momento di sedersi sul suo accogliente divano bianco, accavallare le notevoli gambe e guardare con malcelato disprezzo Johan; un osservatore attento  avrebbe potuto notare che ci riuscì pienamente attraverso ogni singolo movimento come se si fosse esercitata a lungo, ma Johan sapeva che era una dote naturale e non si lasciò scoraggiare.

“Mia piccola rosa del deserto, comprendo pienamente il tuo rancoroso rancore dovuto alla spiacevole disavventura in quel di Makokou. Solo ora mi dispiaccio di essermi precipitato in cerca di soccorsi lasciandoti in balia di quel plotoncino di insorti. Col senno di poi ho compreso che il mio ruolo era di stare al tuo fianco fino alle più tragiche ed inevitabili conseguenze. Ma come il tempo lenisce il dolore e cura le ferite, così la tua anima placata potrà ascoltarmi senza immeritati preconcetti. Senza tralasciare che tutto è bene quel che finisce bene.”

Elicia continuò ad osservare Johan come se si trattasse di un peritecio trovato tra le foglie dell’insalata.

“Se indossi questo anello e formalizziamo la cosa…”

“Infilatelo tu; ti posso dare un paio di idee di come e dove farlo.” Disse lei con malcelato fastidio riguardo i non proprio fausti ricordi della sua breve permanenza in Gabon.

L’avventuriero non si fece distrarre dal consiglio amorevole di Elicia e continuò. “… ma dobbiamo decidere in fretta; il tempo è il vero tallone d’Achille di tutta questa benedetta cosa!”

Elicia continuò a guardarlo dal basso in alto. “Sei nei guai!” e non era una domanda “In grossi guai. Più di quel pomeriggio a Alashan “ e mentre parlava il sorriso sprezzante diventava sempre di più un sorriso divertito “oppure di quando ti hanno scovato con la figlia dell’ambasciatore a Nuova Delhi e tu…”

“Si, si si. Ci ricordiamo entrambi di cosa feci quella notte. Il problema ora non è ricordare le nostre piacevoli avventure, ma di cosa potremmo fare in un prossimo futuro; per la precisione da qui a tre ore” Elicia aggrottò la sua bella e liscia fronte poi face un vago segno incoraggiante a Johan che riprese con più sicurezza l’esposizione del problema. “Il vice-proconsole aggiunto ha una figlioletta; maggiorenne. Durante uno di quei ricevimenti… sai… dove i notabili lasciano inspiegabilmente scivolare i loro portafogli nelle mie mani… ho avuto modo di… incontrarla e di approfondire questa nostra conoscenza.” Johan prese a muovere le mani enfatizzando il racconto, invogliato dallo sguardo sempre più attento di Elicia. “la nostra… liaison è durata alcuni giorni, prima che il padre ci ha sorpreso in una nostra… hem… discussione scientifica. Non ho potuto far altro che dichiararmi pronto all’irreparabile gesto.” E qui Johan decise che era giunto il momento di fare una pausa e, nell’occasione, approfittare di una qualche bevanda, possibilmente con un elevato tasso alcolico. Purtroppo la mano decisa di Elicia bloccò l’apertura del piccolo, ma fornito, antro degli elisir. Così invitato a continuare, con noncuranza e massaggiandosi la mano dolorante riprese il tragico racconto “Come ben sai le mie conoscenze delle tradizioni imenee sono leggendarie. Questo con l’intuizione di fingermi già promesso ha rimandato il fato crudele. Se convolo a giuste nozze entro tre ore la fanciulla dovrà farsene una ragione ed io, libero da costrizioni, potrò evitare di pagare una lauta somma di risarcimento.” Sospirò al termine del racconto, come se si fosse liberato da un grosso ed ingombrante fardello.

Elicia è una donna intelligente, bella, con un alto senso della giustizia. Badate bene, la giustizia di Elicia non corrisponde alla giustizia della Legge, anche se alcune volte, le due cose, coincidono. Forte di questa sua responsabilità giuridica annuì mentre si alzava dal divano “Mi sa che dovrò dirti di sì. A malincuore, ma avrai il mio aiuto. Niente preti o sindaci o altro. Penso a tutto io.”

 

I miei quindici lettori vorranno perdonarmi la piccola interruzione temporale che ci porterà direttamente al luogo deputato del connubio. Questo piccolo artificio ci impedirà di tediarci con la lettura della descrizione minuziosa di quanto accadde in quelle due ore e mezza; delle telefonate che fece Elicia per far si che tutto si potesse organizzare in un così breve lasso di tempo e del lavoro impiegato per abbellire la sala.

Ora rientriamo nella storia in un luogo non molto lontano da dove eravamo prima. Immaginatevi una grande sala addobbata con arazzi e tessuti, fiori e ghirlande, luci e candele accese, sedie e panche per gli ospiti. In realtà solo otto, più due testimoni, che sono e resteranno in piedi.

Elicia indossava una uniforme alquanto elegante; con gli alamari dorati, i fregi, le mostrine sul petto, tutto ben stirato e ordinato. Tutto in lei sprizzava autorità e rispetto. Johan, dopo aversi fatto la doccia, optò per indossare un tight estremamente raffinato con tutti gli accessori coordinati. Estremamente felice osservava la siluette di Elicia  ignaro, ma speranzoso, del suo prossimo futuro.

Elicia si posizionò davanti agli ospiti, in modo da guardare tutti, posizione alquanto desueta per una sposa, Johan non ci fece caso, preso come era a rimirar se stesso. Nelle mani di Elicia c’era, invece che un tenero mazzo di fiorellini, un libricino ben rilegato dall’eloquente titolo di Libretto di Matrimonio per Capitani e sottotitolo Nuovo rito riconosciuto di Ford Prefect edito dalla casa editrice Orsa Minore. Lo aprì con Solennità e disse “Che la sposa entri”

Johan non fece tempo a sbiancarsi in volto mentre i due testimoni lo afferrarono saldamente per le braccia. Due morse d’acciaio non avrebbero potuto esercitare una più ferrea e decisa stretta. Durante il divincolamento inutile di Johan, la sposa giunse, alfine, a sistemarsi a fianco del futuro marito accompagnata dall’augusto padre il vice-proconsole aggiunto in stanza a Nuova Delhi.

Elicia, raggiante quasi quanto la baffuta e polposa sposa, riprese il rito.

“Come comandante di questa nave è un vero onore congiungere queste due anime gemelle in una sola”

E si, miei quindici lettori, è bello essere un capitano.