FONDERSI COL FOGLIO
Incipit di Giusy Marchetta
Mi dico che è il momento giusto e devo sbrigarmi. Certo, sarebbe più facile se ci fosse un foglio di carta: prenderei la penna e le parole non rimarrebbero incastrate in una vena del cervello o
nella gola; scenderebbero fino alla mano, sporcherebbero il foglio, ci resterebbero attaccate con tutto quello che si portano dietro. E’ il potere della pagina bianca, credo. Ti risucchia e ti
libera: è la tua possibilità di buttarti da un’altra parte.
“Allora?” mi chiede il mio editore, accendendosi una sigaretta.
L’Editore
Parte originale di Marco Signorelli
“Allora l’idea è quella di uno scrittore che scrive di un libro. Prima o poi tutti gli scrittori scrivono di un libro” Gli rispondo dissimulando astutamente la mia assoluta mancanza di uno scritto già bello e pronto. Forse ci casca; gli editori sentono solo il fruscio dei soldi, per cui devo solo prospettargliene molti.
“No, non è vero. Non tutti gli scrittori scrivono di un libro” Mi risponde mentre si mette a muovere il mouse. A parte il fatto che sei un editore, ma perché devi muovere il mouse? Non mi scoraggio per così poco. “Tutti gli scrittori prima o poi scrivono di un libro…”
“No. Non tutti”
“Tutti gli scrittori…”
“No, non tutti!”
“Questo si!”
Distoglie lo sguardo dallo schermo, ultrapiattoventunpollicialtadefinizione che, tra l’altro, utile se si vuole giocare a Starcraft II, meno se si usa solo per leggere le mail. Ora che ho la sua attenzione spero che abbia fretta di finire il livello, non ho mai voluto l’attenzione di nessuno, se non il minimo necessario per avere un corposo assegno.
“Insomma, questo scrittore sta scrivendo di un libro…hemm.. un libro maledetto o magico, ancora non lo so di preciso.”
“Coff…” Non è che l’interruzione con un coff sia ben accetta, soprattutto se è la sua segretaria slash junior editor slash presunta amante slash gambe lunghe slash fulva chiomata, ma così perdo il filo e mi distraggo quanto basta per permettere all’Editore di interrompermi del tutto. “Comprendo il suo disappunto signorina Bruni, anche a me sembra che la stia inventando ora”
Sgamato alla prima frase “Ma no, è che sto ancora sviluppando la storia. Se mi concede un altro giorno, forse due, una settimana al massimo sono certo che tutto si dipanerà liscio ed avrà il suo garrulo esilarante finale”
“Marco Marco Marco” Oddio, l’Editore ha detto il mio nome tre volte, e mentre maciulla la sigaretta mezza fumata nel portacenere, senza volerlo spalanco gli occhi ed inizio a sudare abbondantemente dalla attaccatura dei capelli. “Tu sai che ti voglio bene, sei come un figlio, anzi, come un amico fraterno. Non inventare fanfaluche, ne ho sentite di scuse da parte di voi scrittori” Sarà una mia impressione ma la parola scrittori è accompagnata da una smorfia di pseudo disgusto. “Non sono io che sono venuto da te a chiedere, sei tu, di tua spontanea volontà che mi hai contattato. Ed io ti ho aiutato, ti ho accompagnato, ti ho dato fiducia e soldi…” Ecco la pausa ad effetto “…e tu mi ripaghi con queste ideucce da imbrattatele?”
Imbrattatele? Ma non sono un pittore! Vorrei puntualizzalo, soprattutto per difendere la categoria degli artisti grafici, ma preferisco ascoltare la vocina che mi consiglia di stare zitto almeno per quella volta. Per darmi un contegno mi asciugo la fronte e passo la mano tra i capelli completando l’opera di spettinamento iniziata dall’unica raffica di vento della mattinata. “Cosa dovrei fare con te?”
Ops… quasi perdevo la fine della ramanzina. Lo guardo bene, poi guardo la signorina Bruni, penso che i genitori non erano del tutto consapevoli dell’equilibrio psico-fisico della propria figlia quando la chiamarono Brunella, poi torno a concentrarmi sulla risposta. “Massimo due settimane, per la prima stesura. Lavoro meglio sotto pressione.”
Brunella Bruni dice “Ah” secco. Che cosa vorrà dire?
“Esatto signorina Bruni” ma si sono messi d’accordo prima? “Anche tu condividi; vero!”
Non ho sentito il punto di domanda, per cui dovrebbe essere una forma retorica.
“Si. Plausibilmente con ciò che quell’Ah possa significare, ritengo di poter essere concorde con questa affermazione, riservandomi il diritto di recesso nel caso la postilla sia vessatoria nei miei confronti”
Non ho detto nulla, ma l’ho detto molto bene, mi appoggio con fiero cipiglio allo schienale della scomoda poltroncina, poi torno dritto appena sento un cigolio che non promette nulla di buono provenire proprio dallo schienale.
“La scadenza è scaduta” Bella frase, vorrei averla detta io, ma è detta dalla voce leggermente roca di Brunella che, per nulla stupefatta delle mie qualità, si limita a cambiare gamba accavallata, forse per non sudare troppo sotto lo stesso ginocchio. Fingo di non capire. Osservo il viso della junior editor per ben sei secondi, poi guardo l’Editore e non è un bello spettacolo per cui ritorno al viso di Brunella. Mi sembra il momento di parlare per cui penso velocemente a qualche cosa di particolarmente arguto e sagace, ma siccome non trovo nulla dico solo “Non stiamo parlando di…chessò… di uno yogurt o di un succo di frutta. Il genio non scade, diventa sempre più prezioso con il passare del tempo… come il vino che invecchia in una botte” Mhmm, questa è proprio tirata per i capelli, spero solo che abbocchino. L’Editore non si scompone. Lascia che il mouse libero sulla scrivania prima di unire i polpastrelli delle due mani. Poi ruota appena i polsi in modo che la punta delle dita unite si esibiscano in un piccolo arco oscillante; avanti e indietro, avanti e indietro.
“Stai ciurlando nel manico. I ragazzi della contabilità non sono contenti e se i ragazzi della contabilità non sono contenti io non sono contento e se io non sono contento tu non lo sei”
“Cosa non sono?” intervengo sapendo che dovrei stare zitto.
“Contento” immagino uno sbuffo di vapore uscire dalle orecchie dell’Editore e quasi rido. “Ti sei bruciato l’ultima occasione. Signorina Bruni, dovremmo provvedere con la riserva.” Mentre Brunella Bruni annuisce e sorride e si liscia la gonna con un gesto distrattamente voluto, il tutto in contemporanea, mi sento dire “Ma….ma…. non potete davvero scegliere Tavarro, non ha stile, non ha fantasia, non ha l’anima. Sono sicuro che l’ha venduta altrimenti non si spiega come abbia fatto a pubblicare qualsiasi cosa che non sia nella sezione mortuaria di un giornale di provincia”
Brunella è già in piedi e diretta alla porta. Per lei ora sono solo un problema di qualcun altro e, di conseguenza, invisibile. Si ferma solo perché l’Editore dice, prima di tornare a finire il livello.
“Signorina Bruni, accompagni Marco al suo nuovo incarico.” Si accende una sigaretta concedendosi una pausa, sufficiente per permettermi di alzarmi e di raggiungere le notevoli spalle di Brunella; il tutto sotto il suo sguardo compassionevole. Brunella si limita ad annuire e poi esce trascinandomi come se fossi la sua ombra.
“Un incarico? “ Provo a chiedere.
“Per un qualche motivo del tutto inspiegabile lei ha successo. Abbiamo deciso di servirci dei suoi servigi fino a quando non consegnerà il nuovo romanzo, che abbiamo già pagato. Per inciso”
Stranamente il tutto sembra avere una sua logica. Uno stipendio fisso con la non disprezzabile conseguenza di pasti caldi e di un letto dove dormire non è poi una idea così malvagia, uno dei miei personaggi potrebbe anche osare definendola una idea peregrina.
Brunella non dice altro, secondo me finge di non avermi alle spalle, si limita a indicarmi una porta per poi proseguire verso la sua sezione.
Leggo la targhetta indicativa.
Poteva capitarmi di peggio ad esempio raccolta di campioni per l’inseminazione artificiale dei suini oppure telefonista delle hotline sadomaso. Mi faccio forza ed entro sperando di non svenire quando voci sorridenti mi accolgono con un entusiasticamente giulivo
“Benvenuto nell’Ufficio Réclame”